Direttiva UE Whistleblowing: cosa devono sapere le aziende

Chiunque abbia competenza in materia di diritto conosce il potenziale che una politica di Whistleblowing, ben integrata ed applicata all’interno di qualsivoglia contesto aziendale, possa sviluppare. Mentre, per chi non è avvezzo a codici e articoli, basta fare alcuni chiari esempi affinché possa rendersene immediatamente conto.

Fatti di cronaca come lo scandalo finanziario Luxembourg Leaks e il caso “Panama Papers” hanno messo in evidenza l’importante ruolo che gli informatori possono svolgere nell’esporre violazioni di diritto dell’Unione Europea. In particolare, il luogo di lavoro si dimostra spesso lo scenario ideale in cui identificare gli illeciti. Questo perché le persone che lavorano per un’organizzazione (o hanno contatti lavorativi con essa) sono spesso le prime a venire a conoscenza di presunte condotte interne scorrette. 

Allo stesso tempo, tuttavia, il timore di ritorsioni e mancanza di tutele possono dissuadere i soggetti dal segnalare le proprie preoccupazioni. 

Sistema Whisteblowing

Le leggi in materia di whistleblowing erano attuate su base nazionale in tutta Europa e, nella maggior parte dei Paesi, le protezioni erano frammentarie, incoerenti o addirittura inesistenti.

Per affrontare questa situazione, nel 2019 l’UE ha approvato la Direttiva sulla protezione degli informatori, che prevedeva una scadenza (quella del 17 dicembre 2021) per l’integrazione degli Stati membri nelle rispettive legislazioni nazionali. 

La Direttiva riflette il punto di vista della Commissione Europea secondo cui gli Stati membri devono disporre di un quadro giuridico e istituzionale per proteggere le persone che, nell’ambito delle loro relazioni industriali, richiamano l’attenzione su violazioni o minacce d’interesse pubblico o forniscono informazioni a riguardo. 

Fatte salve le disposizioni della legislazione di attuazione locale, le organizzazioni del settore pubblico e le imprese del settore privato con 250 o più dipendenti erano tenute ad ottemperare alla nuova Direttiva Whistleblowing a partire dal 17 dicembre 2021. In relazione ai requisiti per l’istituzione di sistemi di segnalazione interna, una data di attuazione successiva (fissata al 17 dicembre 2023) si applica ai datori di lavoro del settore privato con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 249.

Le nuove leggi UE sugli informatori annunciano un cambiamento significativo nell’approccio alla denuncia di irregolarità in molti Paesi Europei, oltre ad alterare in modo significativo il panorama della conformità legale per le aziende che operano all’interno dell’Unione. 

Sebbene il quadro dell’UE richiederà a molte società e multinazionali Europee di apportare modifiche ai loro programmi interni in materia, promette anche interessanti vantaggi. Garantendo che siano messe in atto disposizioni efficaci per la denuncia delle irregolarità, le aziende hanno l’opportunità di prendere coscienza di preoccupazioni interne sin dalle prime fasi, aiutando a evitare, o quantomeno limitare, i rischi di tipo finanziario e reputazionale.

Le nuove tutele UE in materia di whistleblowing

Lo scopo della Direttiva Whistleblowing è stabilire tutele minime uniformi per garantire che gli informatori che vogliono segnalare violazioni del diritto dell’UE ricevano protezione legale contro eventuali ritorsioni da parte dei loro datori di lavoro o colleghi.

Oltre a questi standard minimi, poiché ogni singolo Paese mette in atto la legislazione nazionale di attuazione, alcuni stanno andando oltre i requisiti della Direttiva per offrire ulteriori tutele agli informatori.

Le organizzazioni con sede nell’UE dovranno decidere se (e come) modificare le proprie modalità di denuncia delle irregolarità per conformarsi a un potenziale mosaico di nuove norme.

Mentre i whistleblower (lavoratori autonomi, azionisti, ex dipendenti, eccetera) avranno diritto a protezione, a condizione che soddisfino due requisiti:

  • Abbiano fondati motivi per ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione e che tali informazioni rientrassero nell’ambito di applicazione della direttiva sulle irregolarità
  • Abbiano segnalato, internamente o esternamente, ai sensi della Direttiva Whistleblowing, o divulgato pubblicamente ai sensi sempre della stessa. 

La Direttiva Whistleblowing non prevede canali di segnalazione a cascata e lascia la scelta di come procedere alla segnalazione all’informatore.

La Direttiva, inoltre, vieta esplicitamente ritorsioni (o tentativi di ritorsione) come, per esempio: il licenziamento, la modifica delle condizioni di lavoro e l’inserimento in black list nei confronti del segnalante (o dei soggetti collegati al segnalante) prevedendo:

  • un’esenzione dalla responsabilità per l’acquisizione o l’accesso a informazioni segnalate o divulgate pubblicamente, a condizione che tale acquisizione o accesso non costituisca un “reato penale autonomo”
  • un’inversione dell’onere della prova nei casi di presunto trattamento lesivo, oppure se un informatore può dimostrare di aver subito un pregiudizio dopo aver segnalato violazioni o aver divulgato pubblicamente ai sensi della Direttiva Whistleblowing. La persona che ha assunto l’azione pregiudizievole deve “dimostrare che tale provvedimento era fondato su motivi debitamente giustificati” e non era connesso alla denuncia stessa
  • l’accesso a un’azione correttiva adeguata (ad esempio, provvedimenti provvisori in attesa della risoluzione di procedimenti legali pertinenti).
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